C’è una sequenza in Nuovo Cinema Paradiso che personalmente adoro e che periodicamente torno a riammirare. È la scena dei baci cinematografici tagliati dal prete-censore e riuniti da Alfredo in un’unica pellicola dentro la quale si condensa tutta la magia del grande schermo.

Dopo la mia tre giorni a Sì SposaItalia, ho avuto anche io bisogno di rivivere i momenti, di riavvolgere il nastro e di trovare magare un filo di seta che ricongiungesse idealmente tutti gli abiti da sposa.

E incredibilmente, nelle nuove tendenze della moda bridal, ho trovato tanti riferimenti e citazioni che mi hanno riportato comunque al cinema e alle mie pellicole preferite.

Gli abiti da sposa del 2025 giocano con la lunghezza in modo capriccioso. A volte si sdoppiano sovrapponendo la gonna lunga e scivolata  a quella corta a palloncino. La parola d’ordine è discrezionalità, si passa dallo strascico lungo e romantico alla mini sbarazzina, passando per la gonna sopra al ginocchio ad evocare le Vacanze Romane di Audrey Hepburn. Non è importante la lunghezza dell’abito ma conta consentire ad ogni sposa di esprimere la propria unicità di stile.

Hollywood ispira sempre. I volumi esagerati e le grandi maniche che caratterizzano tutti gli abiti del film “Le Povere Creature” realizzati dalla costumista Holly Waddington ritornano negli abiti da sposa 2025. E come nel capolavoro di Yorgos Lanthimos raccontano l’evoluzione e l’emancipazione sessuale della protagonista. Così gli abiti da sposa non sono più una maschera da indossare ma un manifesto di libertà d’espressione.

I dettagli non sono più solo decori, ma diventano parte integrante dell’abito. Il ricamo, il macramè e il pizzo creano rilievi e bassorilievi che esaltano i soggetti, spesso floreali. Questi tessuti trasmettono forza gentile e femminilità, rendendo ogni abito un’opera d’arte.

E poi ci sono i giochi di trasparenza e assenza. Tessuti come tulle, chiffon e organza sembrano dissolversi sulla pelle, creando un effetto “vedo e non ti vedo”. Questa sottigliezza aggiunge un tocco di sensualità e mistero. Parti di abiti che sembrano evocare nudità e invece è solo un effetto di veli e trasparenze, un effetto dissolvenza, una transizione e sostituzione dell’immagine che non è altro che uno dei più importanti espedienti cinematografici.

Poi ho ammirato le creazioni visionarie ed ecosostenibili di Peter Langner, l’emancipazione delle Spose Curvy con un claim (“l’amore non prende le misure”) che potrebbe essere il titolo di un film ispirato alla body positivity.

E soprattutto ho visto la sfilata di Elisabetta Polignano ispirato ad un’autentica star del cinema e dello spettacolo: Jane Birkin, icona di femminilità e femminismo. Così iconica da avere ispirato la «Birkin bag» di Hermès, probabilmente la borsa più famosa del mondo.

Potrei allegare una gallery fotografica di tutto quel che è sfilato in passerella a Milano durante Sì SposaItalia. Ma gli abiti sono stati pubblicati su tutti i canali social e non solo.

Io preferisco che a parlare siano le gigantografie di Jane Birkin e Serge Gainsbourg. Anche la loro relazione è una storia di amore e di cinema, romanticismo e passione, perdersi e ritrovarsi.

È soprattutto la storia di una donna, nuova, moderna, consapevole, autodeterminata.

Come le spose che vestiranno gli abiti delle collezioni bridal 2025

Vitantonio Marzano