“Ti va di provare a farmi da assistente wedding planner per un giorno? Così avresti modo di vedere davvero come funziona la nostra professione”.

Ero sotto l’ombrellone quest’estate quando mi è arrivata la telefonata di Giulia Molinari.

A Giulia non si può dire di no, o meglio, non si riesce a dire di no (l’ho scoperto nel corso della fatidica giornata del matrimonio) e poi dopo tanti racconti di matrimoni organizzati dalle wedding planner, confesso che l’idea del dietro le quinte mi solleticava davvero.

Così una volta data la mia disponibilità sono entrato nel tunnel del wedding planning, una spirale fatta di messaggi ad ogni ora del giorno e della notte (pare che le organizzatrici di eventi abbiano scoperto il sistema per non dormire mai), di scelte da condividere, di materiale da preparare, di focaccia e panini da portare, scaletta da pianificare e varie ed eventuali che nemmeno la più estrosa delle menti potrebbe concepire.

Essere dentro la chat significa essere parte della squadra e condividere la febbrile attesa del grande giorno.

Il grande giorno poi è arrivato davvero, accompagnato da nuvole nere e minacciose.

Ci siamo incontrati, abbiamo fatto un piccolo brief con la squadra, caricato il materiale in auto, riepilogato rapidamente l’organizzazione del lavoro e via, verso la masseria che avrebbe ospitato il ricevimento.

Il tempo di trasportare tutto dentro la tensostruttura, e sentirsi al riparo (si fa per dire), o almeno al coperto, e le nubi sono diventate un’impressionante bomba d’acqua.

Fra tuoni e fulmini in quella tensostruttura lavoravano parallelamente due squadre, quella del personale della venue che si affannava a proteggere gli spazi dalla pioggia, e quella di Giulia che curava in maniera febbrile gli allestimenti e la logistica dei tavoli. Partendo proprio dagli elementi evidenziati da Giulia: tener conto della posizione degli ospiti con particolari intolleranze alimentari, allestire uno sweet table per il battesimo della figlia dei due sposi, da posizionare in un modo speciale e assegnare ad ognuno degli invitati il relativo nome segnaposto in plexiglass..

Il tempo di accorgersi che i segnaposto, consegnati a Giulia la sera precedente, erano mancanti di due nomi, di telefonare al fornitore, di strappargli l’assicurazione che li avrebbe realizzati e portati d’urgenza da Bari a Monopoli, e siamo ripartiti in auto, questa volta diretti a Ceglie Messapica, per un supporto morale alla sposa sconfortata dal meteo e preoccupata per lo svolgimento della festa.

Passaggio successivo la chiesa, dove le siepi allestite esternamente dal flower designer Michele Zaurino erano messe a dura prova dall’acquazzone. Una wedding planner  non è tale senza capacità di mediazione e problem solving. Così Giulia ha aperto un tavolo di trattative con il sacerdote che alla fine ha acconsentito all’ingresso in chiesa delle siepi decorative.

Intanto la pioggia si abbatteva impietosa sugli invitati che arrivavano alla spicciolata in chiesa e sui loro elegantissimi outfit. Dopo un’interminabile attesa è arrivata anche la sposa accompagnata in chiesa dalla nostra onnipresente wedding planner, e dai suoi ombrelli bianchi (ho imparato che le wedding planners hanno scorte di parapioggia bianchi in auto, più di quanti ne abbiano  i venditori di ombrelli che spuntano agli angoli delle strade in città quando piove).

Abbiamo atteso che finisse la funzione religiosa, distribuito i coni con petali e riso, assistito all’uscita trionfale dalla chiesa, ascoltato le esigenze della neo sposa e via di corsa, nel vero senso della parola, per arrivare in masseria prima degli sposi e dei loro ospiti.

Nonostante una scivolata sulle chianche bagnate e qualche indicazione fuorviante del navigatore siamo arrivati puntuali in struttura dove abbiamo trovato il direttore di sala fuori di sé per la latitanza degli ospiti (che legittimamente dopo il bagno d’acqua erano andati a casa ad asciugarsi), e per l’imminente arrivo della seconda ondata di pioggia che avrebbe compromesso lo spettacolo di pizzica e l’accoglienza in corte degli invitati.

Non ho le prove, ma sospetto lo zampino di Giulia anche nello slittamento del temporale che ha consentito l’ingresso festoso in corte, la pizzica e l’accoglienza con i food corner.

Mentre in corte ci si rifocillava, Giulia è andata a confrontarsi con il flower designer per gli ultimi dettagli del sontuoso allestimento e passato in rassegna tutto ciò che era stato approntato. Ricevuto l’ok della wedding planner, Leo e Fabia, i veri assistenti di Giulia, avevano montato il tableau de mariage ed iniziavano ad accompagnare gli invitati ai loro tavoli.

L’imprevisto non sarebbe tale se non arrivasse quando meno te lo aspetti. Così non  poteva mancare una coppia di invitati il cui nome non era stato indicato per tempo alla nostra wedding planner. Ma questo Giulia non lo classifica nemmeno come problema: il tempo di verificare il livello di prossimità della coppia invitata rispetto agli sposi, ed è stato trovato il giusto posto a sedere anche per loro.

Poi è cominciata la tortura: sotto il naso della squadra è cominciato l’andirivieni di camerieri con i vassoi da portata. Va precisato che dall’alba al tramonto c’era stato spazio solo per un caffè e cornetto all’autogrill qualche tarallo e un panino…Giulia aveva saltato anche il panino, ma non credo che lei abbia bisogno di mangiare.

Imperterrita ha continuato a dettare tempi e ritmi della serata fino all’allestimento del tavolo dei confetti ed all’emozionante finale del taglio della torta.

Finalmente abbiamo smontato i nostri allestimenti, caricato le auto e siamo ripartiti verso casa.

Erano solo le due di notte, 18 ore di lavoro consecutive.

A casa sono arrivato carico di spunti di riflessione, che vi riporto in ordine sparso:

Primo insegnamento di Giulia: non dare nulla per scontato, anche quando hai la certezza del risultato devi verificarlo (a scuola si diceva: la prova del nove).

Il lavoro del wedding planner è un duro lavoro. Certo non è il lavoro nella catena di montaggio né quello della miniera però è pesante e pieno di imprevisti. Ti scontri con il caso e scopri la diffidenza di alcune addetti ai lavori che vivono la presenza della WP più come minaccia che come opportunità.

È un lavoro che non conosce orari perché declinato sulle esigenze della sposa, sulla sua disponibilità e sulla sua sensibilità. Non solo per la scelta dei fornitori o per la parte realmente organizzativa. Spesso la wedding planner  veste i panni della mental coach che raffredda l’ansia da prestazione, e riporta nei limiti di sicurezza, il crescente panico della futura sposa.

Non ci si improvvisa wedding planner, non basta avere buon gusto o aver organizzato la festa di compleanno della nipotina. Servono metodo, capacità di analisi, problem solving, competenze tecniche e leadership.

La squadra deve essere affiatata, allineata all’obiettivo e motivata. Ed il team leader deve essere autorevole e mai autoritario. Deve saper assegnare incarichi e richiedere prestazioni, sempre con garbo e gentilezza, ma anche con fermezza. Giulia, Fabia e Leo, sono proprio così, una vera squadra.

È un lavoro impegnativo ma alla fine entusiasmante, perché ti rendi conto di essere una figura di riferimento per gli sposi nella costruzione del loro giorno più importante. Sei una sorta di genio della lampada che esaudisce i desideri. Sei immerso nel bello e costruisci bellezza.

Adesso mi spiego perché le mie amiche wedding planners siano così coinvolte, non solo professionalmente a anche a livello emotivo. È un lavoro che ti impegna h24, ma quando hai finito non vedi l’ora di ricominciare.

Antonio Marzano

 

Le foto della gallery sono una gentile concessione di Vis Studio